martedì 7 marzo 2006

Von Mises a Camera Cafè

Qualche sera fa, in una puntata di Camera Cafè, Luca Nervi, il sindacalista dell'azienda, ha ribattuto a un nuovo arrivato: «Io difendo gli interessi dei lavoratori, mica i tuoi che non sei ancora lavoratore!». Mai battuta fu più azzeccata, e più seria.

Chi e cosa difendono, in effetti, oggi i sindacati? I diritti dei lavoratori, si dice. Lasciamo stare per un momento questi presunti "diritti" difesi, tipo il diritto a essere-colti-con-le-mai-nella-cassa-e-non-venir-licenziati.
L'importante qui è il "dei lavoratori". Perchè appunto, chi lavoratore non lo è ancora, può aspettarsi solo di venir danneggiato, più che difeso, dai sindacati. Come? In un modo molto
semplice: ogni vantaggio ottenuto dal sindacato per i suoi protetti è controbilanciato da una perdita per il resto della società, e in particolare per gli aspiranti lavoratori in quel campo. Un esempio tipico: la garanzia a un qualche salario minimo (che è poi spesso l'unico vero "diritto" cui i lavoratori sindacalizzati aspirano).

Garantire a un qualche gruppo, tramite la "lotta politica" e il potere della legge, un salario
superiore a quello di mercato (stabilito dalla legge della domanda e dell'offerta, nel libero scambio fra datore di lavoro e lavoratore) significa semplicemente una di due cose (o entrambe): maggiore disoccupazione o maggiore povertà. Il datore di lavoro che deve pagare di
più i suoi lavoratori ha infatti solo due scelte: o licenziarne alcuni, provocando disoccupazione, o alzare i prezzi e togliere quelle risorse alla produzione, provocando miseria.

Questi effetti sono stati ampiamente spiegati da Ludwig von Mises e da altri economisti liberali e "austriaci": «un salario minimo ovviamente non garantisce l'assunzione di un lavoratore; esso semplicemente proibisce a chiunque, attraverso la forza della legge, di essere assunto al salario
che il suo datore di lavoro sarebbe disposto a dargli» (M. Rothbard, Per una nuova libertà, Rubbettino, 2004).
In effetti, «il potere di un sindacato è in sostanza il potere di limitare il numero di coloro che possono dedicarsi a una particolare occupazione» (M. Friedman, Capitalismo e libertà, EST, 1995). Cioé quello di formare una corporazione (talvolta una mafia), che difende i vantaggi di una piccola minoranza organizzata a danno del resto della società (un esempio
è la corporazione dei taxisti, come ha recentemenete ripetuto Francesco Giavazzi).

E dato che di minoranza organizzate ne esistono tante, e tutte decise a ottenere i propri privilegi per legge, si conferma la sentenza del grande Bastiat: «Lo stato è la grande finzione attraverso la quale tutti si sforzano di vivere a spese di tutti».

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