mercoledì 24 settembre 2008

Ma come, stragi anche in Finlandia?!

La strage compiuta ieri dallo studente finlandese provocherà in molti (e in tutti i media) l'immediato riflesso pavloviano "armi = pericolo" e "possibilità di detenere armi = maggiore probabilittà di incidenti e crimini".

Come è noto a chiunque abbia riflettuto sulla questione, entrambe le equazioni sono sbagliate, e anche le statistiche lo confermano (si legga il solito ottimo Stagnaro).

Inoltre, da quel che si può rapidamente capire in Rete, la Finlandia, pur possedendo molte armi (32 ogni 100 cittadini, sembra), non è certo un paese dalla "pistola facile". Le regole per richiedere una licenza (a pagamento) assomigliano molto, a occhio e croce, a quelle italiane: per esempio, non contemplano fra i validi motivi di possesso di un'arma l'autodifesa e la difesa domestica. Inoltre, il controllo delle armi sembra sia legato, un po' come in Svizzera, all'esistenza di riservisti in servizio permanente, che detengono le armi come i soldati nelle caserme durante la leva. Occorre ricordare che il dibattito sulla legittimità di portare armi (assente in Italia, ma vivo in America) è incentrato sull'interpretazione del Secondo Emendamento, che alcuni vorrebbero applicabile solo a riservisti o ad appartenenti alla milizia, e non al cittadino comune.

In conclusione, se i pareri in materia di armi fossero minimamente informati e non così pesantemente ideologici, qualcuno ci spiegherebbe perché queste stragi continuano ad accadere in paesi europei (civili, socialisti e welfaristi!) come la Finlandia e non solo nei selvaggi Stati Uniti d'America dei cattivi cow boy.


P.S.: segnalo in edicola l'ultimo numero di Diana Armi (settembre 2008), con una lunga e informata inchiesta sulla diffusione delle armi in Italia, in risposta a un servizio estivo dell'Espresso che, a quanto pare, era il classico pessimo esempio di disinformazione ideologizzata.

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