lunedì 3 settembre 2007

La lezione del Sig. Rossi

Scherzi e battute a parte, il caso di Valentino Rossi "evasore", che i giornali già cominciano a dimenticare, è stato istruttivo per almeno tre motivi:
  • da quanto è dato di sapere e capire, Rossi è sostanzialmente innocente. Sicuramente non è colpevole del "crimine", l'evasione fiscale, per cui è stato sbattuto in prima pagina e per cui probabilmente verrà ricordato. Già dopo un giorno, infatti, si sapeva che le tasse Rossi le aveva pagate, ma in Inghilterra. Cosa, del resto, del tutto legale date le attuali norme europee. Semmai, Rossi potrà essere accusato di aver sfruttato in modo troppo disinvolto le leggi esistenti. Cioè, sostanzialmente, di non aver fatto abbastanza bene finta di abitare in Inghilterra, e di aver mostrato di essere andato là "solo per pagare meno tasse". E questo ci porta al secondo punto.
  • La grande lezione del caso Rossi, sottolineata dall'IBL (per esempio da Carlo Lottieri e Alberto Mingardi), da Leonardo Facco e da Oscar Giannino (su Libero) fra i pochissimi, è l'attenzione suscitata sulla concorrenza fiscale: cioè il fatto che i capitali (per esempio gli imprenditori che se lo possano permettere, come Rossi) scelgono di operare e pagare le tasse dove queste sono più basse. Da un paese come l'Italia, capitali, cervelli e campioni fuggono: troppe tasse, troppo alte. Rossi ha semplicemente mostrato, in modo eclatante, una cosa banale: se posso, pago meno e scappo da uno stato che mi prende troppi soldi. Questa lezione di mirabile semplicità non piace ovviamente ai politici: che infatti, da sinistra a destra, si sono schierati compatti contro Rossi e il suo legittimissimo messaggio TV. E questo ci porta al terzo punto.
  • Che è appunto l'unanime condanna di Rossi da parte di tutti i politici e della maggior parte dei commentatori, di destra e di sinistra. Unanimità che mostra come le presunte differenze fra destra e sinistra siano in realtà poche e soprattutto inessenziali: entrambi gli schieramenti sono genuinamente statalisti o antiliberali, cioè a favore (anche se per motivi diversi) di un'estensione dello stato a partire dal suo strumento più efficace, le tasse. In disaccordo su tutto, ma non sulle cose importanti: mettere le mani in tasca agli individui, e incazzarsi assai se qualche pesce sfugge alla rete.
Purtroppo, come ha predetto Feltri su Libero (anch'egli colpevolista, fra l'altro, almeno agli inizi), la vicenda Rossi finirà in un nulla di fatto. L'oggetto del contendere, infatti, non sono certo i presunti milioni evasi quanto la legittimità stessa del fisco. Per i politici, è essenziale che Rossi faccia la parte del colpevole (magari inconsapevole) ma pentito, che vuole fare tutto nella legalità. A Rossi interessa (anche giustamente) ripulire la propria immagine, e può cavarsela con una multina.

Chi ci perde siamo tutti noi, che sognavamo una bella rivolta fiscale capeggiata da un velocissimo motociclista mascherato!


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