martedì 19 settembre 2006

Dalla parte dei "cattivi"

L'altra sera ho visto La giuria, un film di qualche anno fa con Gene Hackman e Dustin Hoffman. Fatto anche benino, il che ha aumentato l'effetto straniante di trovarsi tutto il tempo "dalla parte dei cattivi".

La trama: una donna, assistita da Dustin Hoffman, porta in tribunale una ditta produttrice di armi da fuoco. Il marito è stato ucciso da un folle che ha compiuto una strage con un'arma venduta dalla ditta stessa. La "corporazione" delle armi, impaurita dai possibili risvolti di un precedente del genere, assolda Gene Hackman, un esperto in selezione e manipolazione dei giurati, per "massaggiare" la giuria popolare e vincere il processo.
In mezzo però si infilano i due protagonisti. Lui è uno dei giurati in isolamento, la sua ragazza lo aiuta da fuori. Il piano è semplice. Lui, simpatico e carismatico, si impossessa piscologicamente della giuria e la pilota dove vuole, lei chiama la difesa e l'accusa e vende il verdetto finale del processo al miglior offerente. Hoffman, in un'impennata d'orgoglio e onestà apparentemente impossibile in un avvocato, rifiuta; Hackman, battuto sul suo stesso terreno, è costretto a pagare 15 milioni di dollari (circa 30 miliardi del vecchio conio, come direbbe il Bonolis).
Colpo di scena finale (se volevate vedervi il film, smettete di leggere qui; se avete lo stomaco forte, continuate): i due giovani sono rispettivamente la sorella e il quasi-cognato di una ragazza uccisa qualche anno prima in un'altra strage da un altro folle armato. La difesa vince, Hackman perde 15 milioni per niente, i due useranno i soldi per "le famiglie delle vittime" (ve lo avevo detto che ci voleva lo stomaco forte) invece che per scappare alle Hawaii.

Ora, il gusto di political correctness che vi lascia in bocca il finale è stucchevole, roba da richiedere un litro o due di Coca per mandarlo giù. Il resto non è da meno: i buoni (Hoffman) sono buoni e rigorosamente Democratici; i cattivi (Hackman) sono cattivi cioè Repubblicani, deliquenti al soldo delle lobby assassine. (Per chi non lo sapesse, e non lo avesse ancora capito, negli SUA i "Democratici" sono la sinistra, i "Repubblicani" sono la destra. Per chi si stupisse di questi nomi, si ricordi che, sempre negli SUA, un "liberal" è un progressista di sinistra, cioè circa l'opposto di un vero liberale.)

Il punto più interessante, tuttavia, è l'effetto straniante di cui parlavamo prima. Dato che la tesi del regista è sbagliata, tutte le argomentazioni dei "buoni" suonano stonate. Sono praticamente tutti d'accordo, in aula, che accusare la ditta d'armi per la strage compiuta da un folle sia assurdo. Sarebbe come accusare il cartolaio perché vi ho pugnalato con la penna stilografica, o il proprietario della ferramenta perché vi ho aperto la testa col martello, o il rivenditore di sanitari perché vi ho affogato nel cesso. Il massimo che Hoffman riesce a dire alla giuria è qualcosa del tipo: "E' vero, i venditori d'armi non hanno nulla a che fare con la strage; ma da domani, grazie a voi, potrebbe essere il contrario" (musica di sottofondo sul finale, secchio per vomitare pronto a lato della poltrona).

Alla fine, dunque, vincono i buoni, cioè l'idea sbagliata per cui il venditore di un oggetto è responsabile, al posto del compratore, per l'uso sbagliato di quell'oggetto. Il protagonista dice a Hackman: "La giuria ha votato col cuore" e così, senza volerlo, gli dà ragione, dà ragione alla sua cinica massima per cui "I processi sono troppo importanti per lasciarli in mano alle giurie".

Che votano col cuore, invece che con la testa.


P.S.: il processo descritto dal film non è, almeno credo, un caso storico. Il film è tratto da un libro di Grisham, che riguarda però un processo contro una multinazionale del fumo intentato da un fumatore. Un caso ancora peggiore, se vogliamo, dato che la molla dell'accusa non è più il dolore di una vedova ma l'ipocrisia del fumatore. Due casi inventati, credo, ma purtroppo verosimili.

lunedì 18 settembre 2006

Lilli is wrong!

Non posso evitare di segnalare, su Il Foglio di sabato scorso (16 settembre), il gustosissimo articolo di Annalena Benini sulla Lilli Gruber (I viaggi di Lilli fra chador e champagne).

Che racconta, in modo amaramente esilarante, tutti i tic e i peccati della Sinistra politicamente corretta, relativista e snob.

E che fa capire, a qualsiasi persona seria anche priva di grandi convinzioni politiche, che, come sempre, right is right, and left is wrong (Erik von Kühnelt-Leddhin).