domenica 19 ottobre 2008

Gli Zucconi che non capiscono la sanità privata

A proposito del problema della sanità negli USA, venuto molto di moda qualche tempo fa per Sicko di Michael Moore, e del problema della sanità privata in generale, ecco un'interessante lettera di un italiano in America al direttore di Repubblica.it, Vittorio Zucconi:

Caro Direttore,

Leggo spesso suoi lettori che dicono che in Italia le prestazioni mediche sono gratis mentre qui negli USA si pagano. Posso suggerire che forse costano esattamente lo stesso (ovviamente!). Qui pago l'assicurazione medica e il 19% di tasse sul reddito. In Italia non pago l'assicurazione medica ma sborso il 42%
di tasse sul reddito (e quindi pago l'assistenza medica pure a chi, per diritto o furberia, le tasse non le paga). Lo so che questa e' una affermazione semplicistica ma rende l'idea. Saluti

Giulio Taglialatela (Texas)
Ed ecco l'autocontradditoria risposta di Zucconi:
There ain't no such thing as a free lunch, nessuno ti regala i pasti, ma il suo discorso si può invertire. Se i ricchi pagassero più tasse (che si possono permettere) forse i meno ricchi ne potrebbero pagare un po' di meno, avendo gli stessi servizi. Ma come sa, i capponi beccano sempre gli altri capponi, mai chi li manda arrosto e l'abilità dei governanti è appunto di far credere al pollame che il nemico sia un altro pollo, e non il pollivendolo.
A parte la solita finta banalità dei ricchi che si possono permettere più tasse (dove si gioca sull'ambiguità fra "più" in senso proporzionale o assoluto), a un lettore che esplicitamente mette in luce le responsabilità del pollivendolo (lo stato che si prende il 42% di tasse), Zucconi risponde insinuando che invece se la prenda coi capponi poveri e suggerisce invece di rifarsi sui capponi ricchi, predicando nel frattempo la fratellanza fra capponi.

Un esempio perfetto di pensiero confuso, ipocrisia e invidia malcelata.


Etichette: , , ,

sabato 18 ottobre 2008

Superenalotto, scelte razionali ed economia

La teoria delle scelte razionali (TSR) insegna come decidere razionalmente se fare o meno una data mossa. L'idea è molto semplice, almeno in contesti semplici. In particolare, se si possono stimare con sufficiente precisione le probabilità in gioco e, allo stesso tempo, le vincite e le perdite coinvolte, si tratta di un calcolo molto semplice.

Il caso tipico è quello dei giochi d'azzardo come il Supernalotto. In questi giorni si possono vincere 90 milioni di euro con una giocata da 1 euro. Ciò nonostante, giocare al Superenalotto è irrazionale, secondo la TSR, per questo semplice motivo. La probabilità di azzeccare tutti e sei i numeri estratti sui 90 possibili è meno di 1 su 600 milioni.* La vincita che ci si può aspettare giocando, la cosiddetta vincita attesa, equivale a questa probabilità moltiplicata per i 90 milioni: cioè a 0,15 euro (=90/600).

Quindi, da un lato abbiamo una vincita attesa di 15 centesimi di euro; dall'altro la perdita sicura di 1 euro (il costo della giocata). Di conseguenza, giocare è irrazionale perché la vincita attesa è molto più bassa della perdita attesa.

La TSR spiega parecchie cose in modo semplice, ma lascia l'amaro in bocca. Perché tanta gente gioca lo stesso? Perché giocare ci sembra ragionevole, se non proprio razionale? Perché se poi vinciamo ci viene una gran voglia di cercare il primo logico in circolazione e seppellirlo di bigliettoni? Naturalmente, molto dipende da cosa intendiamo per "razionale" e come lo definiamo. La TRS ne offre una definizione precisa e ristretta come tutte le definizioni. Ma l'errore principale, in questi casi, penso sia un altro.

Spesso, da quanto detto sopra si tende a fare un passo ulteriore, che non discende necessariamente dalla teoria. (Di solito il passo lo fanno di corsa economisti, politici, economisti consiglieri di politici ecc.) Il passo è questo: dato che molte scelte compiute da tante persone sono irrazionali nel senso della teoria, dato cioè che la gente agisce irrazionalmente e in particolare tende a usare in maniera irrazionale i proprio soldi, sprecandoli, occorrerebbe che governanti illuminati si curassero di informare queste persone, farle ragionare, al limite vietare loro di sbagliare - per il loro bene - e magari prendersi a carico questi denari altrimenti sprecati e gestirli in modo razionale. Nel caso del Supernalotto queste proposte non si sentono - per l'ottimo motivo che è gestito dallo stato e gli fa guadagnare tanti soldi - ma sono all'ordine del giorno in economia politica, dove servono a giustificare un'enorme quantità di interventi pubblici a favore del "bene comune" e a correzione dei "fallimenti del mercato" e della "razionalità individuale".

Questa idea, che consiste nel pensare che l'individuo non sappia in media gestire i propri soldi e la propria vita, è alla base di tutte le ideologie socialiste, comuniste e stataliste - in una parola, anti-liberali - in circolazione. Ma questa idea si basa spesso su un errore economico, che ha a che fare con la teoria del valore.

L'errore è pensare che, nell'esempio del Superenalotto, l'unico valore coinvolto sia quello misurato in termini monetari (cioè i 90 milioni o l'1 euro) e non ci siano altri "valori" che interessano ai giocatori. Ora, questo è evidentemente falso, e lo dimostra proprio il fatto che la gente continui a giocare. Se io sono disposto a scambiare 1 euro per la giocata, significa che la giocata vale, per me, più dell'euro: altrimenti non comprerei il biglietto. Questa, in nuce, è la teoria soggettiva del valore accettata dalla Scuola Austriaca di economia: il valore è soggettivo, nel senso che riguarda solo l'individuo che compra e vende, e non può essere espresso oggettivamente una volta per tutte e per persone diverse, per esempio in termini monetari.

Questo non significa che giocare al Superenalotto sia razionale in senso probabilistico (infatti non gioco). Significa solo che quando spendo 1 euro per giocare, non compro solo 1 possibilità su 600 milioni di vincere 90 milioni, ma anche il sogno di diventare ricco, di pagare il mutuo, di comprarmi casa; e compro anche un'assicurazione contro il rimorso di non aver giocato quando vedrò il vincitore, e molto altro ancora. Valori non quantificabili in moneta, ma non per questo meno oggettivi: e, in ogni caso, maggiori del valore che ha per me 1 euro in quel momento, visto che lo spendo.

Per concludere, la teoria soggettiva del valore ci dice che nessuno, se non io stesso, può valutare oggettivamente quando qualcosa vale per me. La teoria delle scelte razionali mi dice forse che giocare al Superenalotto è un metodo irrazionale per arricchirsi, non che giocare sia irrazionale tout court.

P.S.: qualcuno potrebbe sostenere che se il giocatore sapesse quali sono le probabilità coinvolte, allora non giocherebbe. Tuttavia, se di fatto gioca, ciò significa che 1 euro rappresenta per lui un costo inferiore a quello di informarsi sulla TSR, ammesso che questo gli interessi. Di nuovo, il valore è soggettivo.

P.P.S.: non abbiamo parlato qui di un altro problema probabilistico legato al Superenalotto e giochi simili: il mito del "numero ritardatario". Questo problema è meno interessante, perché è una fallacia tipica nell'utilizzo della legge dei grandi numeri.

* In una prima versione di questo post, avevo erroneamente scritto che la probabilità di fare sei al Superenalotto era di:
1/90 x 1/89 x 1/88 x 1/87 x 1/86 x 1/85
cioè poco meno di 1 su 4 miliardi e mezzo. In realtà, come segnalatomi da uno dei miei 2,5 affezionati lettori, questa è la probabilità di beccare i sei numeri esattamente nell'ordine in cui sono stati giocati (per esempio: 1,2,3,4,5,6). Dato che invece l'ordine non conta per la vincita (cioè si vince anche, per esempio, con 2,4,1,6,5,3) occorre dividere i 4 miliardi e mezzo per il numero delle possibili permutazioni di 6 numeri, che è pari a
6 x 5 x 4 x 3 x 2 x 1 = 720.
In questo modo, si arriva appunto ai 620 milioni di cui sopra. In altre parole, occorre calcolare la probabilità di beccare la sestina giusta (indipendentemente dall'ordine) sul numero totale di sestine, non quella di beccare una sestina nell'ordine particolare. In termini tecnici, interessano le combinazioni: si veda http://it.wikipedia.org/wiki/Calcolo_combinatorio#Combinazioni_semplici_.28senza_ripetizioni.29.

Etichette: , ,

giovedì 16 ottobre 2008

Liberi di navigare

E' già qualche anno che girano notizie più o meno fondate sulla chiusura o il controllo della Rete da parte dei governi. Come al solito, è sempre difficile distinguere fra bufale e verità, e soprattutto dare giudizi informati sulle reali possibilità tecniche.

Ora arriva una brutta notizia dall'Australia, riportata dalla rivista online Punto Informatico, su un (costoso) programma governativo di "filtraggio" della rete, già in opera, che di fatto cancella la libertà dei navigatori di accedere liberamente al Web.

Vedremo come prosegue: intanto speriamo negli hacker e nella velocissima evoluzione dei software!

Etichette: ,

Israel su scuola e riforma Gelmini

Due ottimi (come al solito) interventi di Giorgio Israel nella discussione sulla scuola: uno sull'irrazionalità e la falsità delle reazioni dei sindacati e della sinistra (che comprendono il 90% dei dipendenti scolastici), uno sulla riforma dell'Università.

Da quest'ultimo, interessante soprattutto questi passaggi:
... l’università continua a ripetere il ritornello “dateci i soldi”, e basta. Invece deve essere in grado di proporsi e di promettere di non sprecare più denaro inutilmente, di essere virtuosi tagliando i corsi, i contratti esterni, le spese inutili per rappresentanza e feste di ogni genere. Solo così l’università può diventare credibile.
[...] la proposta [di dare la possibilità agli atenei di trasformarsi in fondazioni] in sé è certamente positiva; ma bisogna avere il coraggio di mettere sul tavolo un progetto completo e convincente, che possa portare alla creazione di organismi veramente autonomi e dove soprattutto si possa decidere autonomamente le tasse. In Italia abbiamo tasse bassissime, e questo è un aspetto che non viene toccato da nessuno perché si temono ritorsioni pesanti. Ma il problema è riuscire a creare realtà autonome, differenziate, in modo tale che lo studente possa scegliere in base a quanto l’università offre bilanciando qualità e peso della tassazione. E poi manca il problema centrale per creare una sana concorrenza tra atenei.


Etichette: , , ,

lunedì 13 ottobre 2008

In gold we trust (lettera a Il Foglio)

Scrive oggi il lettore Claudio Forti:

... mi è venuto in mente quanto è scritto sul dollaro americano: 'In God we trust' (Noi confidiamo in Dio). Forse sarà meglio correggere con 'In gold we trust' (noi confidiamo nel denaro). Del denaro infatti abbiamo fatto un dio. Che sia per quello che assistiamo a questo disastro?

La risposta, penso, è no. La traduzione di "gold", per estensione "denaro", nasconde in questo caso la verità. Sui dollari dovremmo scrivere "Noi confidiamo nell'oro". E' proprio perché dal 1971, quando Nixon affossò definitivamente Bretton Woods, il dollaro è sganciato dall'oro che assistiamo a questo disastro. Come spiegato e anticipato da Mises e dalla Scuola Austriaca di economia, un sistema di 'fiat money' porta a bolle finanziarie e a crisi ricorrenti. Non c'è bisogno di scomodare Dio: in questo caso basta l'oro.

mercoledì 1 ottobre 2008

Un'associazione consumatori seria

Sembra, strano ma vero direbbe la Settimana Enigmistica, che anche in Italia esista un'associazione dei consumatori seria, di cui ignoravo l'esistenza. Si chiama ADUC, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori.

Di solito le maggiori associazione dei consumatori hanno perso qualsiasi decenza e sono solo un altro fra i tanti sindacati e gruppi di pressioni alla ricerca di favori e prebende dallo Stato.

L'ADUC sembra diversa, e si batte davvero per i diritti dei consumatori, cioè soprattutto per difenderli dallo Stato, invece che farsi aiutare da lui. Un esempio, questo appello sul canone RAI.

Buono a sapersi.